Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione

SHARE THIS :-)

Visualizzazione post con etichetta Vite straordinarie ingegneri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vite straordinarie ingegneri. Mostra tutti i post

martedì 31 luglio 2018

LA BEACON PROGRESS TOWER DI DESPRADELLE



Tra i più affascinanti progetti  di costruzioni mai realizzate ve ne è uno che si distingue sia per l'eleganza della sua architettura, quanto per le sue maestose dimensioni; sto parlando della Beacon Progress Tower di Chicago progettata dall'architetto francese Désiré Despradelle.

Un disegno dell'epoca nel quale l'altezza dell'edificio di Despradelle
viene messa a confronto con quella di altre costruzioni 

Pensate, la Beacon Progress Tower avrebbe dovuto raggiungere la straordinaria altezza di ben 487 metri! Un vero faro del progresso.Quando Despradelle visitò gli Stati Uniti per la prima volta rimase fortemente affascinato da Chicago, una città audacemente edificata sulle rive del lago Michigan.Da quel momento, egli iniziò subito a concepire l'idea di un monumento in previsione della Columbian Exposition del 1893.

Tramite la costruzione di una torre dalle dimensioni titaniche, il progettista avrebbe desiderato celebrare la città bianca scomparsa, così come la glorificazione di un grande popolo. Egli riteneva, che se la storia di Roma era stata racchiusa nella Colonna di Traiano, in America, il Faro del Progresso avrebbe dovuto rappresentare la genesi del paese tramite una colonna alta ben 1.600 piedi!

L'immagine a fianco mostra Jackson Park, il luogo all'interno del quale sarebbe stato edificato il monumento qualora avesse visto la luce. 
La torre, affacciata sul lago Michigan, presenta una sorta di spianata che avrebbe consentito l'accesso alle principali terrazze e piattaforme dalle quali si sarebbero potuti leggere i diversi fatti della storia americana rappresentati sotto forma di sculture, in gruppi di statue, bassorilievi. Inoltre, oltre ad eminenti uomini che fecero grande la nazione, sulla torre compare un corteo trionfale delle industrie, della scienza, delle arti e del commercio. 
Gli Stati e i territori sono rappresentati da figure femminili mano nella mano, che simboleggiano la catena indissolubile dell'Unione; le costellazioni di stelle indicano il loro numero.
Nel posto d'onore del monumento sono scritti i nomi delle tredici colonie originali, e sulla "Stele", custodita dall'Aquila, appare la dea del ventesimo secolo, la moderna Minerva, fiancheggiata da ranghi di leoni che ruggiscono per la gloria dell'America.
Alla base è possibile ammirare un grande anfiteatro  dove oratori, filantropi, e savants avrebbero generato parole ispiratrici davanti all'altare del loro paese.
Nel lago, di fronte al monumento sull'altro lato della spianata, era altresì previsto un bacino di vaste dimensioni per le regate.
Non è necessario domandarsi se la luce del faro sarebbe servita a uno scopo pratico, poiché essa rappresentava un elemento metaforico.


Dal punto di vista strutturale il disegno suggerisce la possibilità di una costruzione in pietra o calcestruzzo.
La sezione centrale dell'edificio è fiancheggiata da una dozzina di obelischi minori che fungono da contrafforti alla grande massa centrale. 

La base della Beacon Progress Tower è da considerarsi un capolavoro di design. Anche se questo non è un tempio, appare come un Pantheon o una chiesa gotica dalle guglie colossali. Con straordinaria bravura l'artista ha dato alla base di questo monumento una verticalità titanica . È come il tronco di un albero possente i cui rami si perdono tra le nuvole, ma le cui radici si diffondono ampiamente su tutti i lati fino a penetrare nella terra.

Davvero un peccato che non sia mai stata costruita, ma i disegni, che raggiungono il formidabile numero di 1900, esistono ancora e se negli anni l'umanità recupererà il desiderio di erigere monumenti capaci di esprimere lo smisurato ingegno umano, potremmo restare a bocca aperta e senza fiato ai piedi di queste ciclopiche meraviglie......











lunedì 8 maggio 2017

THE MIGHTY TASK IS DONE (traduzione in italiano)


Baycityguide.com

La maestosa opera è compiuta
Scritta dopo il termine della costruzione del Golden Gate nel maggio del 1937 da Joseph Baermann Strauss, Capo Ingegnere.

                                        
L'opera maestosa è finalmente compiuta;
splendente al sole d'occidente
dalle montagne in lontananza il Ponte incombe;
I suoi titanici piloni affondano nell'oceano,
Le sue braccia d'acciaio legano spiaggia con spiaggia,
Le sue torri trafiggono il cielo.

Sopra i suoi ampi ponti, con legittimo orgoglio,
in rapida parata il mondo guiderà,
Per tutta la sua esistenza;
Sotto, navi di flotte da ogni porto;
Vasta baia senza sbocco, storica fortezza,
Fa impallidire tutto il mare.
A nord, le porte dell'Impero della Sequoia;
A sud, un felice parco giochi, 
in estatica attrazione attende.
Qui la natura, libera sin dall'inizio dei tempi,
Agli inquieti umani stati d'animo s'arrende,
Accoglie i suoi nodi d'acciaio.
Piattaforma a migliaia di speranze e paure proiettata,
Dannata da migliaia di scherni ostili,
Mai il suo corso s'arrestò,
Domanda a coloro che incontrarono i nemici
Chi si trovò solo quando la fede difettava,
Chiedi loro il prezzo pagato.

Chiedi loro dell'acciaio, di ciascun montante e cavo,
Domanda loro della ricerca, dell'epurazione del fuoco,
Che ha segnato la loro ora natale
Chiedi al tempo, della mente, della mano, del cuore,
Chiedi di ogni singola, coraggiosa parte
Cosa donò vigore e forza.

Una causa onorata e nobilmente combattuta
E ciò che essi avevano prodemente battuto,
Ora glorifica la loro azione,
Nessun impulso egoistico deve macchiare la sua vita,
Né l'invidia, avidità, intrighi, o lotte
né falsi, ignobili credo.
All'apice le sue luci sfavillano,
Lontano, al di sotto il flusso inquieto della vita,
Incessantemente scorrerà;
Per questo fu inventata la sua agile forma,
Per non temere la guerra, né il tempo né la tempesta,

Il destino lo volle

                                 
(traduzione di Debora Santarelli)


(static1.squarespace.com)




domenica 23 aprile 2017

GOLDEN GATE: IL CAPOLAVORO DI UN POETA


 Il Golden Gate Bridge (Ponte dell'ingresso dorato) è un ponte sospeso che sovrasta il Golden Gate, lo stretto che collega l'Oceano Pacifico con la Baia di San Francisco.

Quando fu ultimato nel 1937, il Golden Gate Bridge era il più grande ponte a sospensione del mondo, e nel tempo è diventato simbolo internazionalmente riconosciuto della città di San Francisco.

La costruzione di questo famosa opera fu dovuta all'ingegno e alla straordinaria bravura di Joseph Baermann Strauss, un ingegnere che aveva già progettato oltre 500 ponti mobili.



L'Ingegnere Joseph Baermann Strauss


Joseph Baermann Strauss nacque a Cincinnati, il 9 gennaio 1870 e morì a Los Angeles, 16 maggio 1938.I genitori erano di origine tedesca ed entrambi artisti: la madre era una pianista, mentre il padre era un musicista e scrittore.
Laureatosi alla University of Cincinnati nel 1892, iniziò a lavorare nello studio di Ralph Modjeski, dove studiò alcune innovazioni nella progettazione del ponti sospesi.

Oltre al Golden Gate Bridge di San Francisco altri suoi progetti furono il Burnside Bridge (1926), un ponte levatoio sul fiume Willamette a Portland, ed il Lewis and Clark Bridge (1930), un ponte metallico sul fiume Columbia tra Longview e Rainier.
Fu anche l'autore di alcuni poemi, due dei quali celebrano il termine della costruzione del ponte di San Francisco.


Baermann Strauss con il modello in scala
(fonte: San Francisco Public Library)

Strauss morì a Los Angeles un anno dopo il completamento del Golden Gate Bridge ed è ricordato da una statua posta sul lato di San Francisco del ponte.

La statua celebrativa eretta a fianco del ponte
 (fonte: artandachitecture.com)


Golden Gate durante la costruzione
Il ponte fu completato nell'aprile del 1937 e fu aperto il 27 maggio dello stesso anno. 
Il giorno seguente, a mezzogiorno, il presidente Roosevelt, da Washington, premendo un pulsante diede il via ufficiale al traffico di veicoli attraverso il ponte. Il caratteristico colore del ponte è una tonalità di arancione chiamata 'arancione internazionale'.
Tale cromia fu scelta poiché s'intonava coi colori naturali dei dintorni e perché rende la struttura più visibile nella nebbia.Tutto il tratto occupato dal ponte è lungo 2,71 km; la campata principale è 1 282 m e lo spazio disponibile sotto il ponte è di 67 m con condizioni medie di alta marea. L'altezza delle due torri è 225 m sopra il livello dell'acqua. Il diametro dei cavi della sospensione principale è 9,134 cm.



Il ponte al termine dei lavori
L'ampiezza della parte centrale del Golden Gate è stata la più lunga tra i ponti sospesi fino al 1964, quando il Ponte di Verrazzano (Verrazzano Narrows Bridge) fu eretto per unire Staten Island con Brooklyn, due quartieri di New York. Al momento della costruzione il Golden Gate possedeva le torri di sospensione più alte del mondo e detenne questo record fino in tempi recenti. Nel 1957, il Mackinac Bridge nel Michigan superò in lunghezza tra gli ancoraggi il ponte di San Francisco, divenendo il ponte sospeso con la maggiore lunghezza totale.





Il Golden Gate Bridge è largamente considerato uno dei più notevoli esempi di ingegneria applicata alla costruzione di ponti, sia per il progetto strutturale che per la sua estetica. 

È stato inoltre dichiarato una delle moderne Meraviglie del mondo dall'Associazione degli Ingegneri Civili Americani.
Il merito di tutto questo è da attribuire ad un solo nome e cioè quello di Joseph Baermann Strauss, l'ingegnere poeta.






mercoledì 19 marzo 2014


      VITE STRAORDINARIE:   
JOHN AUGUSTUS ROEBLING

John Augustus Roebling è stato un pioniere nella costruzione di ponti e non è noto solo per i suoi progetti, ma anche e soprattutto per i materiali ed metodi da lui utilizzati nella loro costruzione.
Il suo fiore all'occhiello è il Ponte di Brooklyn a New York.




John Augustus Roebling nasce a Mühlhausen, in Germania, il 12 giugno 1806.
Egli è il più giovane di quattro figli ed è figlio di un tabaccaio.
Da ragazzo dimostra fin da subito un grande talento artistico verso disegni e dipinti. 
Un giorno, durante una visita a Bamberg, in Baviera, vede per la prima volta, un ponte sospeso e se ne innamora.
In quel preciso momento prende la decisione di dedicare la sua vita alla costruzione dei ponti.

Roebling studia così ingegneria e filosofia presso il Politecnico Royal Institute a Berlino, in Germania, e si laurea nel 1826. Quattro anni dopo emigra negli Stati Uniti. 
Un anno dopo essere diventato cittadino americano, ossia nel 1837, comincia a lavorare per lo Stato della Pennsylvania come ingegnere e prende ad investire i suoi guadagni nella produzione di cavi di acciaio.
Sia le funi, che i cavi, erano invenzioni recenti e Roebling, a quanto pare, individuò in essi i futuri materiali da costruzione per il suo ponte più noto. L'ingegnere di origine prussiana, inoltre, inventa in quegli anni la macchina per torcere il filo d'acciaio e nel 1841 fonda una fabbrica a Saxonburg, in Pennsylvania, per produrre i cavi in serie..

In un primo momento, il suo nuovo prodotto viene utilizzato per il sollevamento ed il traino di chiatte, ma Roebling desidera però impiegare i cavi per sostenere ponti e comincia così a sostituire le catene e tiranti di sostegno rigide che venivano sino ad allora utilizzati . Il suo primo progetto di ponte è un ponte sospeso sul fiume Monongahela a Pittsburgh nel 1846. Successivamente, apre una nuova fabbrica di cavi a Trenton, New Jersey, e si reca a progettare e costruire ponti sospesi a Niagara Falls (1854), sul Allegheny River, a Pittsburgh ( 1860) e sul fiume Ohio a Cincinnati ( 1867) .


Il progetto del ponte di Brooklyn viene presentato nel 1857, ma non viene approvato fino al 1869.
La realizzazione del ponte fu possibile grazie agli studi compiuti da Roebling sui cavi metallici applicati ai ponti sospesi. Con gli anni, infatti, egli riuscì a mettere a punto un interessante sistema che aveva la caratteristica di sfruttare la resistenza di un grosso cavo da applicare a tutta la lunghezza di un ponte, in grado, quindi, di sopportarne sia l'enorme peso e sia le forze gravanti su di esso. 

Dopo aver egregiamente sperimentato i suoi principi con due ponti più piccoli, il Roebling's Delaware Aqueduct in Pennsylvania e il John A.Roebling Suspension Bridge nell'Ohio, pensò bene, nel 1841, di brevettare l'ingegnoso metodo. 
Soltanto più tardi, grazie ad anni di esperienze accumulate e dimostrazioni in giro per gli Stati Uniti, la validità delle sue teorie venne confermata e universalmente riconosciuta dai costruttori del tempo. Roebling aveva fatto proprio una bella cosa, ma quella che stava per partire da lì a poco sarebbe addirittura passata alla storia.
Il Brooklyn Bridge, infatti, non era un semplice ponticello di periferia, ma un'enorme costruzione di 1825 metri che all'epoca non aveva rivali. Una sfida epocale contro la natura nei confronti della quale Roebling sapeva già di uscire vincitore. Il primo "mattone" venne ufficialmente posato il 3 Gennaio 1870. L'ingente opera richiese il lavoro simultaneo di circa seicento uomini per un costo totale di quasi 16 milioni di dollari: una somma enorme per l'epoca.
Durante i lavori ventisette operai persero la vita, quasi sempre per embolia polmonare dovuta ai doverosi tentativi di immergersi nelle camere di scavo piene d'acqua.
Anche John Roebling rimase vittima di un incidente. Mentre stava lavorando nel cantiere, ai margini di un porticciolo, uno dei suoi piedi venne letteralmente schiacciato da un traghetto che stava ormeggiando da quelle parti. Dopo l'inevitabile amputazione, e a causa della sua volontà di non usare nessun tipo di medicinale, le infezioni lo fecero morire di tetano nel giro di pochi giorni. Era il 1869. Il giovane progettista non vide mai la creatura da lui tanto desiderata, anche se nella sua mente il Brooklyn Bridge era finito e funzionale già da un bel pezzo.
A portare avanti i lavori ci pensò il figlio Washington, il quale, a sua volta, fu vittima di un altro incidente, per fortuna senza grosse complicazioni.


Se non fosse stato per la morte prematura del Roebling , la sua impronta lasciata in campo ingegneristico ed architettonico avrebbe potuto essere di gran lunga maggiore di quanto non sia stata.




                                                                                                                                   






venerdì 22 giugno 2012

VITE STRAORDINARIE: INGEGNER CARLO SEMENZA

Sono contenta che Gioele, mio figlio, sin dall'età di otto anni, abbia preso a modello un grande uomo e professionista del passato, un ingegnere che ha lasciato al mondo intero pregevoli strutture e del quale desidero oggi editare una breve biografia.
Si tratta di un mio personale tributo ad una figura che, alla stregua di Gioele, ammiro moltissimo: CARLO SEMENZA.




Carlo Semenza rappresenta uno dei più talentuosi ingegneri civili che il mondo abbia mai conosciuto.


Egli nasce a Milano il 9 Luglio 1893 e muore improvvisamente per emorragia cerebrale, a Venezia, il 30 Ottobre 1961, cioè due anni prima della tragedia che ne segnerà pesantemente la memoria, ossia  'la frana del Vajont'.
Non è necessario però entrare nel merito di questo contenzioso ancora aperto per penetrare e comprendere la sorprendente carriera di una figura che è sempre stata di primo piano, sia nel panorama ingegneristico italiano, che in quello internazionale.




Uomo dotato sin da giovane di formidabili capacità e determinazione, Carlo Semenza a ventisei anni si laurea a pieni voti presso una delle più prestigiose facoltà d'ingegneria d'Italia: quella di Padova.
Siamo nel 1919 ed egli decide di integrare il suo iter applicandosi allo studio complementare dell'idraulica che gli permetterà, poco dopo, di avviare una felice collaborazione con colui che sempre definirà suo maestro: l'Ingegner Vincenzo Ferniani.
Il giovane Semenza comincia a muovere i primi passi in quell'ambito che mai abbandonerà e nel quale opererà con successo per tutta la sua vita: le dighe.
Egli, infatti, dopo essere entrato nello staff di Ferniani; una equipe di ingegneri che si dedica alla Direzione Lavori degli impianti idroelettrici del Piave e di S.Croce, verrà incaricato di occuparsi delle opere accessorie della diga di Bastia.


Per capire, però l'excursus della carriera di questo progettista è opportuno ricordare che a partire dagli anni '30, nel nostro paese, la S.A.D.E. (Società Adriatica di Elettricità) aveva elaborato, nel suo mosaico economico che interessava le regioni Veneto e Friuli, la costruzione di una sorta di laboratorio idroelettrico; un imponente sistema di impianti necessari a far fronte alla crescente richiesta di energia, un progetto al quale venne assegnato l'appellativo di  "Grande Vajont" ed è proprio nel cuore di questo colossale progetto, che andrà ad inserirsi il nome di Carlo Semenza.
Sarà egli infatti l'ideatore dei più importanti ed imponenti serbatoi, canali, sbarramenti del sistema Piave-Boite-Maè-Vajont; una vasta tipologia di straordinarie costruzioni alle quali dedicherà un impegno assoluto e rivolto ad ottenere un uso delle acque finemente unitario e perfettamente integrato nel territorio.
Nello specifico, le dighe progettate per quest'asta, furono:

'Vodo': sul torrente Boite; una struttura decisamente avveniristica.


Io a Pontesei
'Pontesei': sul torrente Maè; un manufatto caratterizzato da uno sfioratore 'a calice' di estrema eleganza architettonica (foto a sx).


'Valle di Cadore': sul torrente Boite.


'Pieve di Cadore': sul fiume Piave; sbarramento storico del gruppo, perché  edificato per primo e quindi emblema, oltreché capostipite, dell' intero impianto. 




Pieve di Cadore
'Val Gallina': sul Rio di Val Gallina; diga ad arco arginante la vasca di carico punto di interconnessione tra i vari sbarramenti e la centrale di Soverzene.


Vajont: il più ardito progetto del Semenza; una maestosa lama di cemento che ha segnato la storia dell'ingegneria idraulica; un manufatto dotato di aristocratica bellezza, elegante nella sua imponenza (ben 261,6 m).


Val Gallina



Suddetti capolavori architettonici permangono tutt'oggi, incastonati armoniosamente nel paesaggio in cui sono sorti all'epoca della loro edificazione proprio come altre costruzioni che portano la prestigiosa 
firma dell'ingegnere lombardo:


La Maina

'La Maina' (o Lumiei):  a Sauris, un altro gigante in calcestruzzo della tipologia ad arco, nonché la prima diga in assoluto da Lui progettata.


'Barcis' (o Ponte Antoi):  in provincia di Pordenone; un'elaborata struttura eretta in Valcellina di notevole impatto visivo.

'Pian di Fedaia':
a Trento, ai piedi della Marmolada.


La diga del
'Mis': sul fiume Cordevole (foto sotto) 

e molte altre...



La carriera di Semenza quindi, nonostante la sua prematura scomparsa, fu estremamente prolifica e quella che Lui svolse, in oltre trent'anni di servizio fu un'opera titanica, ciclopica come le sue creature, ma anche imponente come il numero dei chilometri di canali, strade, ponti e gallerie da lui progettate: ben 250!
Una lista, questa delle dighe che sarebbe ancora lunga e comprenderebbe manufatti dislocati persino all'estero come la diga di 'Doblar', in Jugoslavia, o la diga di 'Kurube' in Giappone.
Rimarchevole poi anche il ruolo di consulente da lui svolto in molte nazioni: Germania, Grecia, Giappone, Cina, Pakistan, Venezuela, Brasile, Messico, Spagna, Iran e Iraq.


Contributi professionali internazionali giustificati dalla solida competenza dell'ingegnere considerato da sempre il caposcuola delle dighe a cupola come quella di Vodo (un manufatto ambizioso dalle audaci linee che lo rendono, a tutt'oggi, attualissimo), o quella del Vajont.
Alcuni furono anche i progetti che purtroppo non approdarono mai ad una concretizzazione, come ad esempio: Sappada, Valvisdende, Romotoi, Mezzocanale, Podestagno, Campocroce.
Semenza fu altresì promotore della ricerca statica su modelli e firmò ben cinquanta memorie specialistiche.
A questo instancabile professionista vennero anche conferite due lauree honoris causa: quella del Politecnico di Milano e quella dell'Ateneo di Monaco.
Una figura professionale di altissima caratura quindi, che è specchio della personalità dell''uomo Semenza': sempre disponibile al confronto, ad accogliere scelte ed opinioni, pronto a coinvolgere, con entusiasmo e fiducia, collaboratori di tutti i livelli e non la macchietta creata a fini teatrali da Marco Paolini ritratta a bordo di un elicottero, o in sella ad un sidecar mentre scorrazza per il Vajont.
Teoremi ed affondi atti ad inquinare la reale immagine di un uomo che si votò, invece all'onestà intellettuale e alla corretta pratica operativa, nonché un professionista vicino alla sua gente che non esitava a procacciare nuovi lavori per le sue maestranze alla chiusura di ogni cantiere.


Tra le grandi passioni del Semenza è doveroso poi citare quella per la montagna; un hobby che coltivò in parallelo alla sua attività al punto di divenire il fondatore, nonché primo presidente, nel 1925, del CAI (Club Alpino Italiano).


Non è trascurabile poi l'attenzione che l'ingegnere pose alla comunicazione ed, in particolare, all'uso del documentario industriale come strumento per rappresentare le varie fasi della genesi di una diga. Nel cortometraggio '261.60', un piccolo trattato tra ingegneria ed antropologia infatti, Semenza si cala anche nei panni di cronista televisivo e con tono celebrativo, mentre le immagini scorrono, commenta le varie fasi della costruzione dello sbarramento sul fiume Vajont.
Un filmato memorabile, una vera gemma in bianco e nero che ci mostra un professionista che già aveva intuito il valore dei media e che, proprio in questa occasione reciterà:



'Quando un’opera è terminata gioia e amarezza si fondono. Gioia perché ognuno di noi può dire "Ci siamo riusciti!" ma le ansie, le ore di fatica e soprattutto il ricordo dei nostri compagni caduti sul lavoro, un po’ di noi stessi insomma non ci appartengono più: restano là, sull'opera e nel tempo patrimonio di tutti. [...] La diga del Vajont è ormai giunta al termine. Gioia e amarezza, come dicevo poco fa, sono dentro un po’ a tutti noi. Si smontano i cantieri, le acque del bacino salgono a poco a poco. Nuovi progetti attendono i tecnici e gli operai che hanno costruito la più alta diga a volta e doppia curvatura del mondo. Per tanto tempo ancora, per anni, racconteranno e rievocheranno questa singolare avventura del lavoro umano e avranno il vanto di dire: "IO C’ERO!"



Durante la sua vita, Semenza dimorò tra Venezia, Vittorio Veneto e nell'Alpago, un'amena località delle montagne bellunesi nella quale egli amava spendere i suoi rari momenti di riposo; un luogo che egli aveva conosciuto durante la Seconda Guerra Mondiale e cioè quando era stato sfollato da Venezia a causa dei bombardamenti ed al quale era rimasto molto legato, così come il figlio Edoardo, geologo.
Proprio quest'ultimo, nel suo libro dedicato al Vajont, ci ricorda il padre con parole che ci offrono l'immagine di una persona dotata di forte carica umanitaria, un Carlo Semenza che apprezza il prototipo dell'uomo che riconosce la dignità della propria natura creata per praticare coraggiosamente le virtù e per crescere nella conoscenza senza adagiarsi nell'abitudine.


Edoardo Semenza, infatti scrive: 'Mi è caro ricordare qui un passo del grande poema di Dante che mio padre, tra il serio e il faceto, ripeteva spesso come ammonimento a sé, ovviamente, ma anche a tutti:



'Considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza...'.(Inferno Canto XXVI)







UN POST IMPERDIBILE

VITE STRAORDINARIE: INGEGNER CARLO SEMENZA

Sono contenta che Gioele, mio figlio, sin dall'età di otto anni, abbia preso a modello un grande uomo e professionista del passato, un ...