Sono contenta che Gioele, mio figlio, sin dall'età di otto anni, abbia preso a modello un grande uomo e professionista del passato, un ingegnere che ha lasciato al mondo intero pregevoli strutture e del quale desidero oggi editare una breve biografia.
Si tratta di un mio personale tributo ad una figura che, alla stregua di Gioele, ammiro moltissimo: CARLO SEMENZA.
Carlo Semenza rappresenta uno dei più talentuosi ingegneri civili che il mondo abbia mai conosciuto.
Uomo dotato sin da giovane di formidabili capacità e determinazione, Carlo Semenza a ventisei anni si laurea a pieni voti presso una delle più prestigiose facoltà d'ingegneria d'Italia: quella di Padova.
Siamo nel 1919 ed egli decide di integrare il suo iter applicandosi allo studio complementare dell'idraulica che gli permetterà, poco dopo, di avviare una felice collaborazione con colui che sempre definirà suo maestro: l'Ingegner Vincenzo Ferniani.
Il giovane Semenza comincia a muovere i primi passi in quell'ambito che mai abbandonerà e nel quale opererà con successo per tutta la sua vita: le dighe.
Egli, infatti, dopo essere entrato nello staff di Ferniani; una equipe di ingegneri che si dedica alla Direzione Lavori degli impianti idroelettrici del Piave e di S.Croce, verrà incaricato di occuparsi delle opere accessorie della diga di Bastia.
Per capire, però l'excursus della carriera di questo progettista è opportuno ricordare che a partire dagli anni '30, nel nostro paese, la S.A.D.E. (Società Adriatica di Elettricità) aveva elaborato, nel suo mosaico economico che interessava le regioni Veneto e Friuli, la costruzione di una sorta di laboratorio idroelettrico; un imponente sistema di impianti necessari a far fronte alla crescente richiesta di energia, un progetto al quale venne assegnato l'appellativo di "Grande Vajont" ed è proprio nel cuore di questo colossale progetto, che andrà ad inserirsi il nome di Carlo Semenza.
Sarà egli infatti l'ideatore dei più importanti ed imponenti serbatoi, canali, sbarramenti del sistema Piave-Boite-Maè-Vajont; una vasta tipologia di straordinarie costruzioni alle quali dedicherà un impegno assoluto e rivolto ad ottenere un uso delle acque finemente unitario e perfettamente integrato nel territorio.
Nello specifico, le dighe progettate per quest'asta, furono:
'Vodo': sul torrente Boite; una struttura decisamente avveniristica.
'Pontesei': sul torrente Maè; un manufatto caratterizzato da uno sfioratore 'a calice' di estrema eleganza architettonica (foto a sx).
'Valle di Cadore': sul torrente Boite.
'Pieve di Cadore': sul fiume Piave; sbarramento storico del gruppo, perché edificato per primo e quindi emblema, oltreché capostipite, dell' intero impianto.
'Val Gallina': sul Rio di Val Gallina; diga ad arco arginante la vasca di carico punto di interconnessione tra i vari sbarramenti e la centrale di Soverzene.
Vajont: il più ardito progetto del Semenza; una maestosa lama di cemento che ha segnato la storia dell'ingegneria idraulica; un manufatto dotato di aristocratica bellezza, elegante nella sua imponenza (ben 261,6 m).
Suddetti capolavori architettonici permangono tutt'oggi, incastonati armoniosamente nel paesaggio in cui sono sorti all'epoca della loro edificazione proprio come altre costruzioni che portano la prestigiosa firma dell'ingegnere lombardo:
'La Maina' (o Lumiei): a Sauris, un altro gigante in calcestruzzo della tipologia ad arco, nonché la prima diga in assoluto da Lui progettata.
'Barcis' (o Ponte Antoi): in provincia di Pordenone; un'elaborata struttura eretta in Valcellina di notevole impatto visivo.
'Pian di Fedaia': a Trento, ai piedi della Marmolada.
La diga del 'Mis': sul fiume Cordevole (foto sotto)
La carriera di Semenza quindi, nonostante la sua prematura scomparsa, fu estremamente prolifica e quella che Lui svolse, in oltre trent'anni di servizio fu un'opera titanica, ciclopica come le sue creature, ma anche imponente come il numero dei chilometri di canali, strade, ponti e gallerie da lui progettate: ben 250!
Una lista, questa delle dighe che sarebbe ancora lunga e comprenderebbe manufatti dislocati persino all'estero come la diga di 'Doblar', in Jugoslavia, o la diga di 'Kurube' in Giappone.Rimarchevole poi anche il ruolo di consulente da lui svolto in molte nazioni: Germania, Grecia, Giappone, Cina, Pakistan, Venezuela, Brasile, Messico, Spagna, Iran e Iraq.
Contributi professionali internazionali giustificati dalla solida competenza dell'ingegnere considerato da sempre il caposcuola delle dighe a cupola come quella di Vodo (un manufatto ambizioso dalle audaci linee che lo rendono, a tutt'oggi, attualissimo), o quella del Vajont.
Alcuni furono anche i progetti che purtroppo non approdarono mai ad una concretizzazione, come ad esempio: Sappada, Valvisdende, Romotoi, Mezzocanale, Podestagno, Campocroce.
Semenza fu altresì promotore della ricerca statica su modelli e firmò ben cinquanta memorie specialistiche.
A questo instancabile professionista vennero anche conferite due lauree honoris causa: quella del Politecnico di Milano e quella dell'Ateneo di Monaco.
Una figura professionale di altissima caratura quindi, che è specchio della personalità dell''uomo Semenza': sempre disponibile al confronto, ad accogliere scelte ed opinioni, pronto a coinvolgere, con entusiasmo e fiducia, collaboratori di tutti i livelli e non la macchietta creata a fini teatrali da Marco Paolini ritratta a bordo di un elicottero, o in sella ad un sidecar mentre scorrazza per il Vajont.
Teoremi ed affondi atti ad inquinare la reale immagine di un uomo che si votò, invece all'onestà intellettuale e alla corretta pratica operativa, nonché un professionista vicino alla sua gente che non esitava a procacciare nuovi lavori per le sue maestranze alla chiusura di ogni cantiere.
Tra le grandi passioni del Semenza è doveroso poi citare quella per la montagna; un hobby che coltivò in parallelo alla sua attività al punto di divenire il fondatore, nonché primo presidente, nel 1925, del CAI (Club Alpino Italiano).
Non è trascurabile poi l'attenzione che l'ingegnere pose alla comunicazione ed, in particolare, all'uso del documentario industriale come strumento per rappresentare le varie fasi della genesi di una diga. Nel cortometraggio '261.60', un piccolo trattato tra ingegneria ed antropologia infatti, Semenza si cala anche nei panni di cronista televisivo e con tono celebrativo, mentre le immagini scorrono, commenta le varie fasi della costruzione dello sbarramento sul fiume Vajont.
Un filmato memorabile, una vera gemma in bianco e nero che ci mostra un professionista che già aveva intuito il valore dei media e che, proprio in questa occasione reciterà:
'Quando un’opera è terminata gioia e amarezza si fondono. Gioia perché ognuno di noi può dire "Ci siamo riusciti!" ma le ansie, le ore di fatica e soprattutto il ricordo dei nostri compagni caduti sul lavoro, un po’ di noi stessi insomma non ci appartengono più: restano là, sull'opera e nel tempo patrimonio di tutti. [...] La diga del Vajont è ormai giunta al termine. Gioia e amarezza, come dicevo poco fa, sono dentro un po’ a tutti noi. Si smontano i cantieri, le acque del bacino salgono a poco a poco. Nuovi progetti attendono i tecnici e gli operai che hanno costruito la più alta diga a volta e doppia curvatura del mondo. Per tanto tempo ancora, per anni, racconteranno e rievocheranno questa singolare avventura del lavoro umano e avranno il vanto di dire: "IO C’ERO!"
Durante la sua vita, Semenza dimorò tra Venezia, Vittorio Veneto e nell'Alpago, un'amena località delle montagne bellunesi nella quale egli amava spendere i suoi rari momenti di riposo; un luogo che egli aveva conosciuto durante la Seconda Guerra Mondiale e cioè quando era stato sfollato da Venezia a causa dei bombardamenti ed al quale era rimasto molto legato, così come il figlio Edoardo, geologo.
Proprio quest'ultimo, nel suo libro dedicato al Vajont, ci ricorda il padre con parole che ci offrono l'immagine di una persona dotata di forte carica umanitaria, un Carlo Semenza che apprezza il prototipo dell'uomo che riconosce la dignità della propria natura creata per praticare coraggiosamente le virtù e per crescere nella conoscenza senza adagiarsi nell'abitudine.
Edoardo Semenza, infatti scrive: 'Mi è caro ricordare qui un passo del grande poema di Dante che mio padre, tra il serio e il faceto, ripeteva spesso come ammonimento a sé, ovviamente, ma anche a tutti:
Si tratta di un mio personale tributo ad una figura che, alla stregua di Gioele, ammiro moltissimo: CARLO SEMENZA.
Carlo Semenza rappresenta uno dei più talentuosi ingegneri civili che il mondo abbia mai conosciuto.
Egli nasce a Milano il 9 Luglio 1893 e muore improvvisamente per emorragia cerebrale, a Venezia, il 30 Ottobre 1961, cioè due anni prima della tragedia che ne segnerà pesantemente la memoria, ossia 'la frana del Vajont'.
Non è necessario però entrare nel merito di questo contenzioso ancora aperto per penetrare e comprendere la sorprendente carriera di una figura che è sempre stata di primo piano, sia nel panorama ingegneristico italiano, che in quello internazionale.Uomo dotato sin da giovane di formidabili capacità e determinazione, Carlo Semenza a ventisei anni si laurea a pieni voti presso una delle più prestigiose facoltà d'ingegneria d'Italia: quella di Padova.
Siamo nel 1919 ed egli decide di integrare il suo iter applicandosi allo studio complementare dell'idraulica che gli permetterà, poco dopo, di avviare una felice collaborazione con colui che sempre definirà suo maestro: l'Ingegner Vincenzo Ferniani.
Il giovane Semenza comincia a muovere i primi passi in quell'ambito che mai abbandonerà e nel quale opererà con successo per tutta la sua vita: le dighe.
Egli, infatti, dopo essere entrato nello staff di Ferniani; una equipe di ingegneri che si dedica alla Direzione Lavori degli impianti idroelettrici del Piave e di S.Croce, verrà incaricato di occuparsi delle opere accessorie della diga di Bastia.
Per capire, però l'excursus della carriera di questo progettista è opportuno ricordare che a partire dagli anni '30, nel nostro paese, la S.A.D.E. (Società Adriatica di Elettricità) aveva elaborato, nel suo mosaico economico che interessava le regioni Veneto e Friuli, la costruzione di una sorta di laboratorio idroelettrico; un imponente sistema di impianti necessari a far fronte alla crescente richiesta di energia, un progetto al quale venne assegnato l'appellativo di "Grande Vajont" ed è proprio nel cuore di questo colossale progetto, che andrà ad inserirsi il nome di Carlo Semenza.
Sarà egli infatti l'ideatore dei più importanti ed imponenti serbatoi, canali, sbarramenti del sistema Piave-Boite-Maè-Vajont; una vasta tipologia di straordinarie costruzioni alle quali dedicherà un impegno assoluto e rivolto ad ottenere un uso delle acque finemente unitario e perfettamente integrato nel territorio.
Nello specifico, le dighe progettate per quest'asta, furono:
'Vodo': sul torrente Boite; una struttura decisamente avveniristica.
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Io a Pontesei |
'Pieve di Cadore': sul fiume Piave; sbarramento storico del gruppo, perché edificato per primo e quindi emblema, oltreché capostipite, dell' intero impianto.
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Pieve di Cadore |
Vajont: il più ardito progetto del Semenza; una maestosa lama di cemento che ha segnato la storia dell'ingegneria idraulica; un manufatto dotato di aristocratica bellezza, elegante nella sua imponenza (ben 261,6 m).
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Val Gallina |
Suddetti capolavori architettonici permangono tutt'oggi, incastonati armoniosamente nel paesaggio in cui sono sorti all'epoca della loro edificazione proprio come altre costruzioni che portano la prestigiosa firma dell'ingegnere lombardo:
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La Maina |
'Pian di Fedaia': a Trento, ai piedi della Marmolada.
La diga del 'Mis': sul fiume Cordevole (foto sotto)
e molte altre...
La carriera di Semenza quindi, nonostante la sua prematura scomparsa, fu estremamente prolifica e quella che Lui svolse, in oltre trent'anni di servizio fu un'opera titanica, ciclopica come le sue creature, ma anche imponente come il numero dei chilometri di canali, strade, ponti e gallerie da lui progettate: ben 250!
Una lista, questa delle dighe che sarebbe ancora lunga e comprenderebbe manufatti dislocati persino all'estero come la diga di 'Doblar', in Jugoslavia, o la diga di 'Kurube' in Giappone.Rimarchevole poi anche il ruolo di consulente da lui svolto in molte nazioni: Germania, Grecia, Giappone, Cina, Pakistan, Venezuela, Brasile, Messico, Spagna, Iran e Iraq.
Contributi professionali internazionali giustificati dalla solida competenza dell'ingegnere considerato da sempre il caposcuola delle dighe a cupola come quella di Vodo (un manufatto ambizioso dalle audaci linee che lo rendono, a tutt'oggi, attualissimo), o quella del Vajont.
Alcuni furono anche i progetti che purtroppo non approdarono mai ad una concretizzazione, come ad esempio: Sappada, Valvisdende, Romotoi, Mezzocanale, Podestagno, Campocroce.
Semenza fu altresì promotore della ricerca statica su modelli e firmò ben cinquanta memorie specialistiche.
A questo instancabile professionista vennero anche conferite due lauree honoris causa: quella del Politecnico di Milano e quella dell'Ateneo di Monaco.
Una figura professionale di altissima caratura quindi, che è specchio della personalità dell''uomo Semenza': sempre disponibile al confronto, ad accogliere scelte ed opinioni, pronto a coinvolgere, con entusiasmo e fiducia, collaboratori di tutti i livelli e non la macchietta creata a fini teatrali da Marco Paolini ritratta a bordo di un elicottero, o in sella ad un sidecar mentre scorrazza per il Vajont.
Teoremi ed affondi atti ad inquinare la reale immagine di un uomo che si votò, invece all'onestà intellettuale e alla corretta pratica operativa, nonché un professionista vicino alla sua gente che non esitava a procacciare nuovi lavori per le sue maestranze alla chiusura di ogni cantiere.
Tra le grandi passioni del Semenza è doveroso poi citare quella per la montagna; un hobby che coltivò in parallelo alla sua attività al punto di divenire il fondatore, nonché primo presidente, nel 1925, del CAI (Club Alpino Italiano).
Non è trascurabile poi l'attenzione che l'ingegnere pose alla comunicazione ed, in particolare, all'uso del documentario industriale come strumento per rappresentare le varie fasi della genesi di una diga. Nel cortometraggio '261.60', un piccolo trattato tra ingegneria ed antropologia infatti, Semenza si cala anche nei panni di cronista televisivo e con tono celebrativo, mentre le immagini scorrono, commenta le varie fasi della costruzione dello sbarramento sul fiume Vajont.
Un filmato memorabile, una vera gemma in bianco e nero che ci mostra un professionista che già aveva intuito il valore dei media e che, proprio in questa occasione reciterà:
'Quando un’opera è terminata gioia e amarezza si fondono. Gioia perché ognuno di noi può dire "Ci siamo riusciti!" ma le ansie, le ore di fatica e soprattutto il ricordo dei nostri compagni caduti sul lavoro, un po’ di noi stessi insomma non ci appartengono più: restano là, sull'opera e nel tempo patrimonio di tutti. [...] La diga del Vajont è ormai giunta al termine. Gioia e amarezza, come dicevo poco fa, sono dentro un po’ a tutti noi. Si smontano i cantieri, le acque del bacino salgono a poco a poco. Nuovi progetti attendono i tecnici e gli operai che hanno costruito la più alta diga a volta e doppia curvatura del mondo. Per tanto tempo ancora, per anni, racconteranno e rievocheranno questa singolare avventura del lavoro umano e avranno il vanto di dire: "IO C’ERO!"
Durante la sua vita, Semenza dimorò tra Venezia, Vittorio Veneto e nell'Alpago, un'amena località delle montagne bellunesi nella quale egli amava spendere i suoi rari momenti di riposo; un luogo che egli aveva conosciuto durante la Seconda Guerra Mondiale e cioè quando era stato sfollato da Venezia a causa dei bombardamenti ed al quale era rimasto molto legato, così come il figlio Edoardo, geologo.
Proprio quest'ultimo, nel suo libro dedicato al Vajont, ci ricorda il padre con parole che ci offrono l'immagine di una persona dotata di forte carica umanitaria, un Carlo Semenza che apprezza il prototipo dell'uomo che riconosce la dignità della propria natura creata per praticare coraggiosamente le virtù e per crescere nella conoscenza senza adagiarsi nell'abitudine.
Edoardo Semenza, infatti scrive: 'Mi è caro ricordare qui un passo del grande poema di Dante che mio padre, tra il serio e il faceto, ripeteva spesso come ammonimento a sé, ovviamente, ma anche a tutti:
'Considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza...'.(Inferno Canto XXVI)