Il cervello, com’è noto, codifica informazioni in forma di impulsi elettrici. Ciascuno dei 100 miliardi di neuroni tra loro interconnessi funge sia da ricevitore sia da trasmettitore e ogni informazione elaborata dal cervello genera un caratteristico schema di attività. Ciò indica quale neurone invia un impulso ai neuroni vicini: in altre parole, quale neurone è attivo e quando. Lo schema di attività è di fatto un tipo di protocollo di comunicazione che registra lo scambio di informazioni tra i neuroni.
Ciò che si osserva è che piccole variazioni nella comunicazione neuronale producono schemi tra loro anche molto differenti, secondo una modalità caratteristica di quelli che in fisica vengono definiti sistemi caotici. Ciò significa i processi dinamici nel cervello non possono essere previsti a lunga scadenza. Oltre a ciò l’informazione immagazzinata nello schema di attività può andare perduto in conseguenza di piccoli errori. La ricerca del Max-Planck ha ora rivelato che i processi della corteccia cerebrale sono estremamente caotici.
L’esplorazione scientifica del cervello umano e del funzionamento della mente ha indicato poi anche l’esistenza di una gamma d’onde cerebrali suddivisa in quattro maggiori frequenze.
I nomi BETA ALFA TETA e DELTA sono usati per indicare queste quattro maggiori suddivisioni o livelli. L’osservazione conseguente ha anche indicato come, in ognuna di queste principali suddivisioni, un tipo di differente consapevolezza e coscienza sia predominate nell’essere umano.
-Nella serie d’onda successiva, l’ ALFA – più lenta – la mente si focalizza sugli intimi livelli di potenza e consapevolezza là dove hanno origine intuizione, ispirazione e creatività. La mente è libera dalle preoccupazioni e frustrazioni del mondo fisico. L’adulto sano è spontaneamente in questa gamma d’onda in alcune fasi del sonno (R.E.M.) ed in particolari momenti di profonda tranquillità mentale ed ambientale, soprattutto se ad occhi chiusi.
-Più lenta di quest’ultima è la gamma di onde TETA. In tale livello la maggior parte della gente si addormenta. Se la coscienza è sveglia la mente è pochissimo conscia delle sensazioni fisiche.
Il controllo delle funzioni fisiche quali il battito cardiaco, pressione arteriosa e digestione avviene tra questo livello e l’ ALFA profondo. Questa è anche la fase della profonda meditazione di rara ispirazione.
-La più lenta di tutta la gamma di onde cerebrali è la DELTA. In questo stadio la mente non è conscia delle sensazioni della sfera fisica. Questa condizione è presente in periodi di sonno molto profondo, di anestesia totale e di coma. Questo è lo stadio dell’inconscio.
Studi approfonditi nei laboratori di ricerca di tutto il mondo provano in modo decisivo come gli individui che imparino a controllare l’uso dei ritmi più lenti delle onde cerebrali, mostrino una capacità maggiore nell’apprendere più velocemente e nel ricordare con più facilità e nell’elevare al massimo grado tutto il proprio potenziale intuitivo e creativo. E’ anche provato come sia possibile raggiungere un maggiore controllo dei meccanismi fisiologici (pressione sanguigna, tensione muscolare, digestione, ecc.) quando si sia in grado di controllare coscientemente i ritmi cerebrali più lenti. La ricerca ha indicato che persino la cicatrizzazione dei tessuti avviene in un tempo nettamente inferiore al normale. La capacità di controllare a proprio vantaggio il funzionamento della mente nei suoi collegamenti con il corpo, anziché ai sempre più diffusi disturbi psicosomatici, porta tendenzialmente a potenziare un meccanismo di “salute psicosomatica”.
Le localizzazioni anatomiche dei tratti affettivi, del carattere e del comportamento nel cervello
Nonostante le convincenti prove relative alla localizzazione delle funzioni cognitive connesse con il linguaggio, rimase tuttavia viva l'idea che le funzioni affettive o emotive non fossero localizzabili. Le emozioni, si diceva, devono essere espressione delle funzioni di tutto il cervello, una sua proprietà globale. Solo recentemente questo modo di vedere è andato modificandosi. Sensazioni emotive specifiche possono essere evocate dalla stimolazione di regioni cerebrali specifiche negli animali da esperimento. Le tre dimostrazioni più chiare tuttavia ci sono derivate dallo studio di pazienti portatori di certi tipi di disturbi del linguaggio, da altri affetti da una forma particolare di epilessia che ha origine nel lobo temporale e dai pazienti di forme ansiose acute (attacchi di timor panico).
Oltre agli aspetti formali del linguaggio rappresentati nelle aree di Wernicke e di Broca dell'emisfero sinistro, esiste anche una componente affettiva del linguaggio che consiste sia nell'intonazione musicale del discorso (prosodia) e nelle sincinesie emotive che lo accompagnano, che nella comprensione di queste componenti affettive. Elliot Ross, della Università del Texas, e Kenneth Heilman, della Università di Florida, hanno osservato recentemente che queste componenti affettive del linguaggio sono rappresentate nell'emisfero destro e che la loro organizzazione anatomica è l'immagine di quelle dell'emisfero sinistro che sono preposte agli aspetti cognitivi del linguaggio. Una lesione dell'area temporale destra, omologa a quella di Wernicke dell'emisfero sinistro, determina disturbi della comprensione delle componenti emotive del linguaggio, mentre una lesione dell'area frontale destra, omologa a quella di Broca, determina un'alterazione della capacità di esprimere queste stesse componenti. Perciò anche i disturbi affettivi specifici del linguaggio, detti aprosodie, possono essere localizzati in particolari regioni del cervello e possono venir classificati come sensitivi, motori e di conduzione, analogamente alle afasie.Un secondo argomento, favorevole alla localizzazione delle funzioni affettive, deriva dall'osservazione dei pazienti affetti da epilessia cronica del lobo temporale. Questi soggetti presentano alterazioni caratteristiche del comportamento emotivo. Alcune di queste alterazioni si presentano durante gli attacchi epilettici e sono chiamati fenomeni dell'ictus (dal latino ictus, colpo). Altre alterazioni del carattere si manifestano anche in assenza di attacchi e sono detti fenomeni interictali. Fra le manifestazioni più comuni cui vanno incontro i pazienti durante gli attacchi di epilessia del lobo temporale vi sono: sensazione di distacco dalla realtà o al contrario di «dejà vu» (sensazione di essere già stati in un certo luogo o di avere già visto un determinato gruppo di immagini), allucinazioni visive o acustiche transitorie, senso di spersonalizzazione, di timore, di rabbia, false sensazioni, appetiti sessuali e paranoia. Tuttavia le alterazioni più importanti sono quelle presenti nei pazienti durante gli intervalli fra gli attacchi convulsivi. Queste manifestazioni interictali sono interessanti perché costituiscono una vera sindrome psichiatrica.
Un'analisi dettagliata della personalità dei pazienti aftetti da epilessia del lobo temporale è stata fatta recentemente da David Bear, ai National Institutes of Health. Bear osservò che molti pazienti di epilessia dei lobi temporali perdono ogni interesse relativo alla sfera sessuale. La diminuzione della libido è spesso accompagnata da aumento dell'aggressività. La personalità della maggior parte dei pazienti presenta anche uno o più tratti caratteristici: emotività intensa, fervore religioso, moralismo estremo o mancanza di senso dell'umorismo.
Bear trovò altresì, che queste caratteristiche sono in rapporto con la localizzazione del focus epilettico. Molti pazienti affetti da epilessia del lobo temporale destro presentano esagerazione delle tendenze emotive (iperemotività). Ai contrario, i pazienti affetti da epilessia del lobo temporale sinistro manifestano caratteristiche ideative particolari come il senso di avere una missione personale, una sviluppata autocritica sul piano morale e la tendenza a trovare spiegazioni filosofiche per ogni cosa. Ciò dimostra che talune funzioni affettive possono essere localizzate nel lobo temporale (anche se interessano altre aree cerebrali) e che esiste un'asimmetria degli emisferi cerebrali sia per gli aspetti emotivi che per quelli cognitivi della personalità.
A differenza dei pazienti affetti da epilessia del lobo temporale quelli con foci epilettici localizzati al di fuori del lobo temporale non presentano generalmente anormalità dell emotività e del comportamento. Bear ha ipotizzato che le lesioni irritative dell'epilessia abbiano conseguenze opposte a quelle delle lesioni distruttive che provocano afasia, analizzate da Wernicke. Mentre le lesioni di tipo distruttivo determinano una perdita di funzione, spesso dovuta anche all'interruzione delle vie che connettono aree specializzate, i processi epilettici, al contrario, possono determinare una iperattività delle regioni interessate, che conduce a espressioni emotive eccessive o a elucubrazioni ripetitive di idee.
Alcuni dei sintomi osservati nell'epilessia del lobo temporale sono presenti anche nella schizofrenia. I pazienti epilettici tuttavia, differiscono da quelli schizofrenici in quanto i primi possono stabilire relazioni interpersonali coerenti, sono capaci di affetti profondi (e non freddi o superficiali) e i loro pensieri appaiono logici.
Un terzo tipo di disturbo dell'affettività, chiaramente definito e localizzato nel lobo temporale, è costituito dagli attacchi di timor panico. Gli attacchi di timor panico sono disturbi ansiosi acuti, caratterizzati da brevi episodi spontanei di terrore senza causa apparente. I pazienti avvertono un senso di disastro incombente che si accompagna a
tachicardia e disturbi del respiro. Eli Robins e coll., della Washington University di St. Louis, con esami di tomografia a emissione di positroni (che è un metodo di esplorazione che consente la visualizzazione del flusso sanguigno e delle modificazioni metaboliche cerebrali) hanno osservato nei pazienti che soffrivano di ricorrenti attacchi di timor panico un'alteraiione circoscritta nel giro paraippocampico destro. Il flusso cerebrale è patologicamente aumentato in questa zona rispetto all'area corrispondente dell'emisfero sinistro. Questa alterazione persiste anche negli intervalli fra un attacco e l'altro. Perciò la predisposizione verso questo tipo di disturbo emotivo può essere fatta risalire a una alterazione anatomica permanente e localizzata del tessuto cerebrale.
Questi studi clinici e quelli analoghi eseguiti su animali da esperimento suggeriscono che le manifestazioni del comportamento, ivi comprese le funzioni mentali superiori (sia cognitive che affettive), sono localizzabili in regioni specifiche o in gruppi di regioni cerebrali. Compito della neuroanatomia descrittiva è perciò quello di fornirci la guida funzionale delle localizzazioni presenti nello spazio nervoso a tre dimensioni e cioè una mappa del comportamento. Sulla base di questa mappa noi possiamo utilizzare le manifestazioni del comportamento del paziente, osservate durante un esame clinico, per risalire alla sede delle lesioni.
Questa discussione ci porta ad una considerazione finale. Come mai le prove in favore della localizzazione funzionale, prove che ci sembrano così evidenti e stringenti viste retrospettivamente, sono state più volte respinte in passato?
Le ragioni sono sia storiche che scientifiche. Come abbiamo visto, prima delle ricerche di Pierre Flourens sulla teoria dei campi cerebrali associati, i frenologi avevano già ipotizzato una teoria estremizzante sulle localizzazioni cerebrali: la personologia anatomica. Le successive diatribe fra i sostenitori dei campi cerebrali associati, che erano antilocalizzazionisti, e i sostenitori del connessionismo cellulare, che erano localizzazionisti, si sviluppò perciò come reazione contro una teoria delle localizzazioni che, sebbene esatta in prospettiva, era nei dettagli errata e ridicola. Il concetto di localizzazione che infine prevalse fu temperato da questa disputa e risultò essere molto più complesso di quanto Gall aveva immaginato. Ciò che è localizzato in zone cerebrali limitate non è un gruppo di facoltà mentali complesse, ma un insieme di operazioni elementari spesso eseguite in parallelo. Le facoltà più complesse derivano dalle connessioni reciproche di diverse e molteplici aree cerebrali.
Dal punto di vista scientifico, l'idea delle localizzazioni cerebrali fu accettata con difficoltà perché i clinici e gli studiosi capirono solo gradualmente quali caratteri funzionali erano localizzati e l'importanza che può assumere una rappresentazione multipla in parallelo per ciò che riguarda l'elaborazione delle informazioni da parte del sistema nervoso. Molte funzioni, e in particolare le funzioni mentali più elevate, sono distinte in sottofunzioni, che sono rappresentate non solo in serie ma anche in parallelo, in modo tale che l'elaborazione nervosa di una certa funzione risulta diffusa nel cervello e può venir eseguita in parecchi centri distinti. Ciascuno di questi stadi del processo di analisi, probabilmente, rappresenta un'elaborazione particolare di una certa sottofunzione. Per esempio, abbiamo già incontrato diverse aree distinte per il linguaggio, ciascuna delle quali è deputata ad elaborarne un aspetto particolare; è probabile che altre aree simili siano ancora da scoprire. La conseguenza di queste analisi svolte in serie e in parallelo, è che una lesione che interessi un'area particolare non determina automaticamente la scomparsa di una funzione, ovvero, anche se la funzione può scomparire transitoriamente, essa può ritornare in parte in seguito, perché i centri rimasti indenni possono sia assumere direttamente la funzione o modificarsi in modo tale da poter svolgere il compito principale. Perciò, le basi anatomiche delle localizzazioni relative ad una certa funzione non possono essere considerate come una serie di legami funzionali disposti a catena, in modo tale che se la catena si interrompe tutte le funzioni connesse sono compromesse. Oggi si tende invece a considerare un gruppo di funzioni correlate come il prodotto di molte catene disposte in parallelo. Quando si interrompe una delle connessioni, si interrompe solo una delle catene, ma ciò non compromette in maniera permanente le prestazioni dell'intero sistema.
Un aspetto collaterale di questo problema è che alla teoria delle localizzazioni funzionali mancava l'apporto di una valida scienza del comportamento, mancanza questa che tuttora, in buona parte, persiste. È molto difficile descrivere e misurare obiettivamente i vari aspetti del comportamento. Per studiare con successo le relazioni che intercorrono fra comportamento e localizzazioni cerebrali, dobbiamo essere prima di tutto in grado di identificare in maniera scientificamente rigorosa le proprietà del comportamento che ci sforziamo di interpretare.
Un terzo fattore, forse alla lunga il più importante fra quelli che hanno impedito per così tanto tempo raccoglimento della teoria, delle localizzazioni cerebrali, è la inadeguatezza delle nostre conoscenze sulle relazioni fra l'anatomia del cervello e il comportamento. Il cervello è enormemente complesso e sia la struttura che la funzione di molte delle sue parti sono ancora scarsamente conosciute. Il fervore attualmente esistente nel campo delle neuroscienze riposa sulla convinzione che esistano oggi i mezzi per esplorare l'organo che è sede della mente e da questa consapevolezza nasce l'ottimismo che ci spinge a pensare che è possibile arrivare alla piena comprensione dei meccanismi biologici che stanno alla base delle funzioni mentali superiori.
(Di : Eric R. Kandel).
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